Il termine “dislipidemia” copre un’ampia gamma di condizioni patologiche correlate a un metabolismo lipidico non ottimale
Le alterazioni, infatti, possono essere caratterizzate da un’anomala quantità di lipidi nel sangue, con elevati livelli di colesterolo totale, colesterolo-HDL, colesterolo-LDL, e trigliceridi (iperlipidemie). Un recente studio epidemiologico ha evidenziato come il 35% della popolazione italiana presenti forme di dislipidemia, maggiore di circa tre volte rispetto all’incidenza riferita ad un’altra patologia “comune” quale il diabete.
A seconda delle cause, si distinguono: a) dislipidemie riconducibili all’interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali, cd. dislipidemie primarie o genetiche, provocate da disfunzioni genetiche tali da produrre quantità eccessive o insufficienti di colesterolo e trigliceridi; oppure b) dislipidemie secondarie, frequentemente correlate ad uno stile di vita insalubre (fumo, assunzione di cibi ricchi di colesterolo, grassi trans e saturi), in taluni casi dovute alla presenza di altre patologie tra cui diabete, malattie renali o epatiche, ipotiroidismo.
La dislipidemia, solitamente, non provoca sintomi ma può provocare, se non correttamente controllata, alla manifestazione di malattie vascolari sintomatiche, quali la coronaropatia, l’ictus e l’arteriopatia periferica: per tal motivo si rende fondamentale l’identificazione allo stadio iniziale (asintomatico).
Nel caso in cui il livello lipidico sia particolarmente elevato, i grassi si depositano nella cute e nei tendini, determinando xantelasmi palpebrali, xantomi cutanei o tendinei a livelli dei tendini di Achille, del gomito e del ginocchio (formando delle placche di colore giallastro); livelli notevolmente rilevanti di trigliceridi possono provocare l’ingrossamento del fegato o della milza, difficoltà respiratorie ed un aumento del rischio di pancreatite.
Fondamentale, dunque, è la cura, sia per le persone affette da malattia cardiovascolare (attraverso attività di prevenzione secondaria) sia per tutti gli altri “asintomatici” (mediante prevenzione primaria).
Cure e rimedi
Il trattamento necessita di rigorosi cambiamenti nello stile di vita: osservazione di diete con riduzione al minimo di acidi grassi saturi, esercizio fisico e calo dell’obesità addominale. Importante, inoltre, l’effettuazione di controlli medici periodici e regolari accompagnati da esami di routine, atti ad analizzare il profilo lipidico sierico (colesterolo totale, trigliceridi, colesterolo HDL, colesterolo LDL e VLDL). I controlli vanno effettuati in tutti gli adulti di età ≥ 20 anni, con ripetizione quinquennale, ed in particolare modo agli uomini over 35 ed alle donne in prossimità della menopausa.
Quando il trattamento dietetico e regolare attività fisica non sono sufficienti, si renderà necessaria l’introduzione di una terapia farmacologica. Attualmente, sono presenti in commercio tre gruppi di farmaci differenti che possono essere utilizzati da soli o in associazione: le statine, i fibrati e l’ezetimibe, i quali hanno dimostrato efficacia nel ridurre in maniera significativa il livello di colesterolo-LDL ed il relativo rischio di eventi cardiovascolari.
Per migliorare le dislipidemie di grado moderato sono state sviluppate nuove strategie nutrizionali basate sull’apporto dietetico di specifici nutrienti. Esiste, infatti, un’ampia gamma di prodotti ed integratori per ottenere effetti preventivi e curativi sull’ipercolesterolemia, proprio come se fossero dei veri e propri farmaci, ma senza gli effetti collaterali di quest’ultimi: tra essi ricordiamo i derivati del riso rosso fermentato, la monocolina ed i fitosteroli, efficaci nell’assorbimento intestinale poiché modulano i livelli di colesterolo totale.